lunedì 16 marzo 2015

Ricominciare



In certe situazioni mi rendo conto che il mondo va avanti come al solito e io rimango indietro, sembra tutto troppo veloce perché la mia testa è ferma a rielaborare qualcosa di grande. 

Martedì scorso ho ricevuto una di quelle telefonate che mi ha cambiato la vita in un momento. Mio padre era morto, il tempo di un respiro. Un infarto fulminante non gli ha lasciato neanche il tempo di provare dolore, dicono. Aveva 68 anni, negli ultimi 12 aveva combattuto una leucemia che per due volte sembrava avere la meglio, ma da cinque anni sembrava che avesse vinto lui.

Sono stata catapultata in una situazione di caos, che spesso mi sembrava surreale. Visite e telefonate di condoglianze continue, lacrime, persone che a loro modo partecipavano al nostro dolore, pratiche burocratiche necessarie, funerali, riti, parole, ecc ecc. Per tutto il tempo mi sono aggirata senza rendermi bene conto, credo che queste consuetudini di gestione del lutto abbiano l’obiettivo saggio di stordire i familiari, circondarli di stimoli e impedire loro di stare male in modo insopportabile.

Oggi sono tornata a casa mia, non vedevo l’ora di farlo. Sola davanti al pc con le sole presenze tranquille e rassicuranti delle mie gatte, sento nel silenzio il vuoto dentro di me, la stanchezza e la fatica di pensare. Per me è una tappa necessaria, lo so. La prendo come un dono. 

E’ prematuro parlare di lui, anche perché non ne ho ancora realizzato in pieno l’assenza.
L’unica riflessione che le mie forze mi consentono di fare è constatare quanto affetto abbiamo avuto intorno, e quanta amicizia ci è stata dimostrata in sua memoria. Mio padre era una persona semplice, un po’ burbera e taciturna, e sono felice che tante persone avessero imparato ad apprezzarlo proprio per questo, e lo rimpiangano per la sua schiettezza sotto la scorza dura.

Non è vero quel che spesso si dice a proposito dell’indifferenza delle persone. Abbiamo assistito a manifestazioni di affetto sorprendenti, anche da persone che ci erano lontane da anni.  Telegrammi, messaggi su ogni social e canale di comunicazione possibile, fiori inviati da amici lontani che hanno faticato a trovare il nostro indirizzo ma non hanno voluto far mancare la loro presenza, visite di parenti lontani, ex vicini di casa, genitori di vecchi compagni di scuola che sono venuti ad abbracciarmi, amiche che si sono offerte di alternarsi in casa con mia madre per aiutarla a superare lo shock. Grazie a tutti di cuore.

Mio padre avrebbe detestato pianti e parole, mi avrebbe detto di ricominciare pian piano a fare le solite cose. In questi momenti lavorare e concentrarmi sono uno sforzo superiore alle mie possibilità, ma ci provo. Ho sentito che non avrei potuto iniziare a scrivere di nulla per lavoro se non avessi liberato su un foglio qualcosa di questi terribili giorni.  


Domani,
continuerò ad essere.
Ma dovrai essere molto attento per vedermi.
Sarò un fiore o una foglia.
Sarò in quelle forme e ti manderò un saluto.
Se sarai abbastanza consapevole,
mi riconoscerai,
e potrai sorridermi.
Ne sarò molto felice.

Tich Nhat Hanh


(anche questa frase è il pensiero di un'amica)

mercoledì 31 dicembre 2014

Pagine da rileggere e pagine da scrivere





Avevo lo spauracchio del post di fine anno con il bilancio del 2014. Il rischio retorica è altissimo.

Al tempo stesso mi spiaceva chiudere in silenzio il 2014 sul blog, che mi ha accompagnata in tante fasi cruciali dell'anno e che adesso, vittima dei miei troppi impegni e della stanchezza, non viene aggiornato da 3 mesi.

Il 2014 è stato un anno importante e lo ricorderò negli annali, perché in assoluto è stato un periodo di cambiamenti reali, l'anno in cui ho concretizzato di più quel desiderio di dare una svolta a tante cose.
Il lavoro come freelance, la convivenza, tanti nuovi progetti e competenze da approfondire, il sito, molti contatti e amicizie, la capacità di prendere in mano le mie scelte. Credo che questa sia una conquista che mi rimarrà, non penso sia possibile tornare indietro a quei periodi di profonda indecisione e immobilità mista a insoddisfazione che ho vissuto in passato. Non sarà mai facile fare delle scelte e farò tante cavolate, ma ora so che farle è meglio che aspettare e ho più fiducia in me. Sto anche smettendo di giudicarmi implacabilmente e di pretendere sempre troppo da me.

Per il 2015, l'anno dei non-avrò-più-trent'anni, mi voglio portare dietro un solo obiettivo: "provare a essere la migliore versione di me stessa". E' una frase che ho letto in qualche libro e mi è piaciuta.
Nessun obiettivo di rivoluzione interiore, nessun proclama di cambiamento a 360°: proverò a migliorare quel che c'è di buono in me, a puntare su quello. So benissimo quali sono i lati oscuri del mio carattere, però in un certo senso di sono "affezionata" perchè fanno parte di me e a volte fanno comodo per non smuoversi da dove si è. Non mi aspetto di diventare subito LA MIGLIORE versione possibile di me stessa, ma cercare di essere ogni volta un pochino migliore di prima, lasciarmi dietro a piccoli passi tante negatività.

Come dicevo, il 2014 è stato un anno ricco e positivo. C'è stato un evento triste che mi ha colpito là dove sono più fragile (è sempre così): la morte della mia amata Tippi, la mia micina, a fine novembre.

Fatico a parlarne e ancora di più a scriverne ma ci provo comunque.
In soli 3 giorni Tippi si è spenta e se n'è andata, un tumore ha dato segnali solo quando ormai era allo stadio finale ed è stato uno shock sia per me che per Paolo, ma io ho faticato e fatico a reagire.
Non mi vergogno a dire che è stato un lutto dolorosissimo. Tippi era una micina gracile e malata, era positiva alla Fiv, l'immunodeficienza felina, e aveva una caratteristica fisica rara: era senza coda per una stranezza genetica.Veniva da una vita randagia ci siamo scelte in un istante, lei aveva ben chiaro che voleva l'affetto e la sicurezza di una famiglia. In 14 mesi abbiamo costruito un legame molto forte, quasi di simbiosi,  e da quando lavoro in casa era mia collega, che si raggomitolava per ore a fianco del PC guardandomi lavorare o dormendo.
Con Tippi avevo aperto il canale della tenerezza e della protezione. Ho avuto gatti fin da ragazzina e quello che mi piace del rapporto quotidiano con un animale è la relazione istintiva e non verbale che si crea, diversa con ognuno di loro.
Tippi è stata The Special One, una gatta non gatta, quello sguardo a cui mancava la parola, il modo particolare di rapportarsi che la faceva assomigliare a un elfo, a una creatura magica della foresta. Mi mancherà sempre.

Tante persone amiche hanno colto la mia sofferenza e mi sono state accanto con affetto e con empatia. Questa è stata un'altra bella sorpresa del 2014 che non dimenticherò: legami nati per lavoro o per caso e diventati amicizie, persone conosciute in rete e ai vari corsi che ho frequentato quest'anno mi hanno dato affetto e vicinanza. Per me è stato un grande insegnamento: l'amicizia è empatia, partecipazione, non bisogna temere di manifestare vicinanza e sostegno alle persone con cui siamo in contatto nella vita quotidiana. Tanti rapporti umani aspettano solo un'occasione per sbocciare, mentre altri sono destinati a spegnersi per freddezza e mancanza di sensibilità.

Concludo con un annuncio positivo: a casa nostra ora c'è Polly, una bella miciona buonissima, reduce da un abbandono, che ambisce alla fascia di "gatta di casa perfetta". Tippi rimarrà nel cuore ma l'avventura va avanti, come è giusto che sia, con un'altra amica pelosa.





domenica 14 settembre 2014

Due mesi che sto qui




Oggi riflettevo su come cambia in fretta il concetto di casa.

Due mesi fa ho traslocato nella nuova casa, che per la precisione è la casa di Paolo. Ora siamo un bel terzetto composto da una coppia dei gemelli + gatta senza coda.

Non è stato facile decidere di uscire dal mio nido, che era la mia "comfort zone" da dieci anni. 
Era una casa che non avevo scelto ma accettato per motivi di praticità, non aveva una progettualità ma era comunque la casa della mia indipendenza, quella in cui ho passato tutte le fasi verso l'autonomia emotiva, la ricerca del mio posto nella vita adulta. Era la casa di una Berenice con gatto, quella in cui mi rifugiavo quando tutto sembrava essermi contro insieme al mio amato gatto Camillo. Ho passato periodi di sofferenza e li ho superati, ho troncato storie d'amore sbagliate che non mi rendevano felice. Sono cambiata tanto, non credevo che sarei mai riuscita a capire cosa volevo dalla vita per essere me stessa, a lasciarmi andare e a dare fiducia a un rapporto di coppia e ad abbandonare i lavori che mi ammorbavano le giornate per avviarmi al lavoro da freelance.

Infine è arrivato in modo naturale il momento di lasciarla per la nuova casa, dove mi sono subito sentita a mio agio, anche se prima di avvicinarmi l'ho considerata con sospetto per 3 anni. E' luminosa, l'abbiamo arredata con i colori che ci piacciono e con un progetto condiviso, c'è il mio angolo per lavorare e tanti armadi su cui Tippi si diverte ad arrampicarsi. Parte dei mobili e quadri che avevo hanno traslocato con me e mi danno un bel senso di familiarità. Mi manca il vecchio quartiere, a cui mi ero affezionata, anche se è molto vicino da qui.
E' al quinto piano e ancora non riesco a vincere le vertigini per affacciarmi al balcone (non credo ci riuscirò mai), ha una bella visuale aperta sulle montagne. Ci offre certi tramonti che non sembra di essere in città. E' a soli 400 metri dal parco in cui vado quasi ogni giorno a camminare e altrettanto vicina al palazzetto in cui i Depeche Mode hanno fatto un concerto lo scorso febbraio. Eh sì, quando passo davanti e ci penso sempre, avrei potuto invitarli per una spaghettata...

A differenza dalla vecchia casa, che era al primo piano e mi faceva vivere uno scambio costante con i rumori della strada e della città, questa sembra proteggermi. I rumori arrivano attutiti e ogni tanto mi sembra di essere sospesa in una mia dimensione sopra la vita frenetica che c'è là sotto.

Mi sorprende come tutto cambi in fretta, come quelle che erano le certezze più ovvie, la casa appunto, entrino rapidamente a far parte del passato. Siamo in costante evoluzione, se non abbiamo paura di lasciar fluire gli eventi.

Da quando ho superato questa paura la mia vita è più mia.

Ed ecco la colonna sonora di questo post:
http://youtu.be/icDf3R6KgpE

lunedì 28 luglio 2014

Un periodo movimentato


Sono sparita da almeno 5 settimane, ma ho la giustificazione.
E' stato uno dei periodi più movimentati della mia vita, sono successe più cose in un mese che nell'intero 2013 (che anno noioso per me!).

Nell'ordine:
- ho acquisito il "mio" primo cliente-solo-mio nella mia vita da freelance e mi sono buttata a capofitto sul lavoro
-sono stata tre giorni a Firenze a Pitti Filati con il cliente mio-solo-mio
- appena tornata ho riunito i miei effetti personali e il contenuto dei mobili di casa negli scatoloni
- il giorno dopo ho traslocato
- ho iniziato la mia prima convivenza
- ho iniziato i lavori di rinnovamento della casa rimasta vuota con l'idea di affittarla
- 5 giorni dopo sono andata in ospedale per un intervento chirurgico che doveva essere una passeggiata ma un po' mi ha sbattuta e intontita
- ho fatto qualche giorno di convalescenza e ho scoperto di essere molto anemica
- siamo partiti per 5 giorni di vacanza in Toscana e per il concerto degli Arctic Monkeys a Pistoia
- al ritorno ho recuperato con il lavoro arretrato
- sono stata convocata per un nuovo lavoro
- da domani organizzo il lavoro

Alla fine di tutto ciò sono stanca! Soddisfatta ma esausta. Agosto sarà un mese di relax, mi abituerò alla mia casetta nuova, sistemeremo le molte cose ancora da fare, lavorerò a maglia, leggerò, farò le marmellate, andrò al parco a camminare. Se necessario lavorerò un pochino, ma solo qualche ora al giorno e solo alla fine del mese.

La nuova casa è al quinto piano. Io soffro di vertigini e non riesco a uscire sul balcone, però mentre scrivo ho davanti a me una visuale aperta che arriva fino alle montagne, e quando è sereno vedo la Sacra di San Michele in lontananza.

Il 2014 è un anno di movimento e di risoluzioni che diventano realtà. Ho concluso dei cambiamenti positivi sia in ambito della vita affattiva, lavorativa e spero della salute.
Sono grata (all'universo? al destino? alla vita?) per questo periodo, osservo e apprezzo l'indipendenza che ho nel lavoro e l'armonia che si sta creando in tanti aspetti della mia vita dopo anni di Caos.

Il Grande Demente è solo un ricordo sgradevole; non tornerei a lavorare con lui neanche un'ora, però si sta affievolendo anche l'astio nei suoi confronti.



lunedì 16 giugno 2014

Un calcio in c.. ci salverà?






Quando ho trovato questa frase su Facebook mi è sembrata la classica boutade ad effetto.
Qualche giorno dopo ho provato sulla mia pelle che è vera e ora, quasi due mesi dopo, mi sento pronta a raccontarvi quest'esperienza con un po' di distacco e con il "senno di poi".

Come avrete notato negli ultimi tempi sono stata meno assidua sul blog, è nato il sito del mio lavoro e sono diventata una freelance a tutti gli effetti. Ho anche conquistato il mio primo cliente di un certo peso, una grande azienda che ha scelto me come ufficio stampa.
Wow, direte, bel periodo, ma attenta a non esaltarti!

Niente affatto, è stato un periodo molto sofferto, partito con un grande calcione nel didietro. 
Da tempo avevo una consulenza part time in un posto che ormai detestavo a causa del Grande Demente, un uomo di grande ignoranza e supponenza che aveva trasformato il mio lavoro una frustrazione unica. Da mesi mi stavo muovendo, anche mentalmente, per andare via e lui sapeva che facevo altre consulenze con la mia piccola partita Iva.

Finchè un giorno di fine aprile mi convoca nel suo ufficio, chiude la porta e mi fa una vera scenata minatoria. Ha scoperto che il mio curriculum e la mia figura professionale girano, che collaboro con un'altra agenzia che stava per prendere un grande cliente. (Il Rosicone probabilmente in cuor suo pensava che vivessi di aria e nel tempo libero mi dedicassi a incipriarmi il naso, invece ha scoperto che lavoravo per mettere insieme uno stipendio!).
Soluzione? Chiudermi in una stanza e farmi una scenata intimidatoria che neanche Totò Riina. Non sto ad andare nei dettagli ma ha rispolverato tutto l'armamentario del maschilista più becero e schifoso, cercando di farmi paura, di puntare sulle mie insicurezze, sulla paura di perdere il misero lavoro con lui, sul senso di colpa tentando di farmi apparire disonesta, di gridare al tradimento, alla delusione, all'approfittarsi della sua benevolenza. Ha  insinuato di sapere "cose sul mio conto", di avere il potere di distruggere la mia carriera, addirittura che il suo socio voleva insultarmi e lo aveva placato a fatica. 
Impazzito? No, semplicemente aveva paura che io mi affrancassi dal suo pollaio e tentassi di volare da sola. Sola e tapina, ma in grado di fargli paura, forse perchè so fare il mio lavoro, non vendo fumo e alcuni clienti gli avevano dichiarato di restare con lui solo perchè c'ero io.
Ha terminato con la dichiarazione di essere disposto a chiudere un occhio sul mio comportamento (ma dde che poi? se hai una partita iva è chiaro che lavorerai per più di un cliente), convinto di avermi riportato nei ranghi con il potere della sua persuasione e di aver difeso il suo territorio. Come un danzatore Maori che ha terminato la sua danza di guerra di fronte al nemico.

E io, in tutto questo? Ero così indignata e incredula per quelle minacce che sono rimasta quasi sempre zitta, ammutolita. Uscita da lì ho pianto dal nervoso, ho avuto bisogno di sfogarmi e confrontarmi con varie persone amiche, non ho mangiato e non ho dormito. Sentivo che la misura era colma, non potevo far finta di niente, avrei perso completamente la dignità e lui ne avrebbe approfittato ogni giorno. In quella lunga notte insonne ho detto basta, ho sentito senza dubbio che la mia dignità deve valere più di quei pochi soldi (e irregolari) che un cafone ignorante con un'Audi lunga come un carro funebre mi assicurava con il ricatto, sempre a cercare di svalutarmi perchè non mi montassi la testa. 
 "Meglio pane e cipolle - pensavo come un'eroina di Cime Tempestose - che continuare  a rodermi il fegato e a odiare il mio lavoro, che altrimenti amerei". Grazie anche al supporto di Paolo e dei miei, che mi hanno garantito che non sarei finita sotto un ponte con il mio pane e cipolle, il giorno dopo sono andata dal Grande Demente e gli ho detto che me ne andavo.
Ammutolito, balbettante, improvvisamente insicuro e vigliacco, ha provato a ritrattare tutto, a dire che avevo frainteso, bla bla bla, che era disposto a far finta che la nostra conversazione non fosse mai avvenuta, che mi scopriva con dispiacere permalosa e avventata, che lo diceva per il mio bene.  E invece no, me ne sono andata a testa alta. E lui ha confermato di essere un codardo, incapace di tenere le sue posizioni con coerenza di fronte a una persona che lo guarda negli occhi e gli dice no.

Così sono ripartita, arrabbiata, ferita, stanca di vivere in un Paese così dove i cretini prepotenti comandano sempre. Ma decisa ad andare avanti con grinta, a usare il calcio in culo appena preso per emanciparmi da una situazione di stallo e frustrazione.
Di notte mi capitava di svegliarmi in preda all'ansia, con il terrore di non farcela. Di giorno cercavo di agire: ho dato un'accellerata al sito, ho cercato di chiarirmi le idee e un pomeriggio, mentre fissavo la mia agenda vuota della settimana, ho sollevato il telefono per propormi a una grande azienda che sapevo aveva delle mie referenze positive. Con la consapevolezza di poter contare solo sulle mie forze ho pensato che dovevo propormi lasciando da parte le insicurezze, perchè nessuno mai sarebbe venuto a cercarmi per propormi un lavoro su un vassoio.

Dalla telefonata è nato un incontro, una trattativa commerciale che temevo di non saper gestire, e poi un contratto di un anno. Ora ho tanto lavoro e sto cercando di dare il massimo, ho finalmente un sito professionale e sto imparando a considerarmi una professionista, senza paracadute.
 Tutto è capitato così in fretta che non sono riuscita a prendere fiato, so di aver ricevuto un'occasione professionale e non voglio sprecarla; ogni tanto ho timori di vario genere ma cerco di dare il massimo.

I mesi passati a lavorare per il Grande Demente, con i suoi strafalcioni grammaticali e la sua grettezza, sbiadiscono man mano.
Ho incontrato tante persone in gamba in questo periodo, per la maggior parte donne. Dobbiamo imparare a credere in noi stesse, a non farci offuscare dalle insicurezze. La nostra determinazione è sufficiente a far crollare il castello di carte di tanti Grandi Dementi che formano la cultura machista di questo povero Paese e che cercano di tenerci ingabbiate.

Va a finire che devo ringraziare il Grande Demente per il calcio che mi ha assestato? No, questo mai.  Ringrazio di aver avuto la spinta a reagire e a credere in me stessa nonostante lui.  Ringrazio il momento in cui ho visto nel big fail un'occasione in cui buttarmi.
E ringrazio il supporto delle mie reti familiari e amicali, la Rete al Femminile di Torino e le grandi donne che ho conosciuto nel mesi scorsi grazie al Blog Lab e ai vari corsi che ho frequentato.

P.S: Perdonate la scrittura istintiva e sgrammaticata, ma questa storia mi smuove ancora tante emozioni e un livore non indifferente verso quest'uomo.