giovedì 27 marzo 2014

Leggere non è fare la contabilità


Recentemente mi è capitato sotto il naso un articolo di Internazionale intitolato "Come leggere un libro alla settimana". Lo trovate qui.  

Apprezzabile l'intenzione dell'autore, che descrive (probabilmente a un pubblico di non lettori che non sa neanche da che parte si apra un libro) i vantaggi dell'abitudine di leggere: aumenta le idee, la capacità di capire il mondo ed è addirittura "meglio della TV e perfino di internet" (sì, dice proprio così). L'obiettivo di leggere un libro alla settimana, mediamente 40 pagine al giorno, secondo lui rafforza l'abitudine di portare a termine le cose. 

Non avevo mai pensato al libro in questi termini, come un boccone indigesto da aggredire, un'attività da imporsi. Capisco che se la lettura non è una passione possa essere necessaria una strategia di attacco per farsela piacere, ma a me questo articolo ha fatto venire voglia di dedicare qualche riga alla lettura, il mio primo ed eterno amore, e di contrapporlo a questo approccio quantitativo e pragmatico.

Non quantificherò mai i libri che leggo, so di leggere tanto ma non mi interessa sapere quanti, non credo che sarei una persona migliore e più colta se leggessi con metodo 40 pagine al giorno invece di passare la nottata in bianco quando mi innamoro di un testo, e poi magari passare una settimana senza leggere perchè non ho il libro giusto per il mio stato d'animo. 

Avevo un collega che sottolineava la sua cultura dicendo che l'anno precedente aveva letto 60 libri. Echissene..., pensavo.
 Mi ricorda quei discorsi tipo: "Mick Jagger ha avuto 4000 donne nella sua vita". Sottintendendo che è un figo per questo (che poi se fosse stato un Signor Nessuno quante lo avrebbero considerato?!?). Quando inizi a contare le donne (o i libri), significa che per te solo il numero totale ha un valore, ti aiuta ad attribuirti  importanza e sicurezza.

E poi spiegatemi perchè leggere 52 libri all'anno con una timing precisa settimanale dovrebbe essere meglio di leggerne 10, magari amati, gustati in ogni parola, e interiorizzati. In quest'ottica libri come Guerra e Pace e Anna Karenina dovrebbero finire al macero, perchè la loro mole interferisce con la tabella di marcia settimanale. 
La cultura e l'apertura mentale non si appiccicano addosso con scelte del genere, a mio parere. E' un approccio diverso, non serve una strategia che ottimizzi la produttività.

Io non so quanti libri ho letto, ma so che certi libri mi hanno portata nel loro mondo, ho amato le storie e i personaggi, le parole con cui raccontano, e quando li ho terminati ho sentito un vuoto. Come degli amici cari che all'improvviso partono. 

So che ho un ripiano di libri che aspettano di essere letti e un'agendina con tanti titoli appuntati di libri che vorrei leggere.  Il rito di andare davanti alla mia libreria, o all'indice del kindle, e decidere quale è il libro giusto da iniziare è un piacere che si rinnova ogni volta, un colpo di fulmine. Lo metto sul comodino e penso "staremo bene insieme", non "Una settimana e ti faccio fuori".

E se al primo capitolo c'è qualcosa che non mi spinge a continuare, senza rimorsi chiudo il libro e lo rimetto nello scaffale, in attesa di tempi migliori.

Da quando avevo 5 anni e sillabavo le storie di Barbapapà, leggere è la cosa migliore che ho imparato.

E voi cosa ne pensate? Come vivete la lettura?

4 commenti:

  1. A16 anni mia mamma mi ha regalato "Come un romanzo" di Daniel Pennac.
    L'ho letto tutto di un fiato durante quelle vacanze di Natale.
    Mi ricordo che dopo averlo letto, l'ho riletto, perché non riuscivo a staccarmene. Dopo ho passato due settimane incapace di iniziare un altro libro perché la mia testa tornava a pensare quello che avevo letto qualche giorno prima.
    Lo rileggo spesso e volentieri, a volte solo qualche riga a volte tutto: è un libro che mi è rimasto dentro.
    Seguendo la logica del nostro amico, come dovrei valutare la mia lettura doppia durante quelle vacanze? 1 o 2 punti?
    Non so a cosa serva contabilizzare i libri letti, come se fossero chili di patate.
    Fra le cose che Pennac scrive nel suo libro c'è una frase che dice più o meno che la libertà di scrivere non ammette il dovere di leggere.
    Ecco, questo "dogma" del dover leggere che porta la gente a disinnamorarsi della lettura, probabilmente è lo stesso che ha portato a questo sistema di lettura da catena di montaggio: lo lascio a qualcun altro che di sicuro lo apprezzerà e troverà più utile di me e torno a leggere, con i miei tempi, le vicende delle sorelle Mitford.

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    1. mi è venuta la curiosità di leggere quel libro di Pennac...e credo che sulla frase "la libertà di scrivere non ammette il dovere di leggere" ci farò un altro post, perchè anche qui si apre un mondo. Lasciamo il nostro amico ai suoi conti della serva, non possiamo neanche augurargli Buona lettura!

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  2. Il primo libro che ho letto è stato "Il libro Cuore", erano altri tempi, me ne rendo conto. I miei per fortuna hanno sempre incoraggiato sia me che mio fratello a leggere tanto e ci hanno fatto amare la lettura. Nonostante fossero pieni di debiti per l'attività iniziata da poco, i soldi per un buon libro li mettevano sempre da parte. Trovo che essere voraci di letture senza avere il tempo di far sedimentare i pensieri sia uno spreco inutile di risorse. LA CARTA COSTA, diamole il giusto valore. E se proprio cerchiamo tonnellate di ispirazioni, sono dell'idea che variare attività faccia tanto bene. Consiglierei a questo signore di alternare giorni di lettura e giorni in cui fare lunghe passeggiate all'aria aperta ;-)

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    1. Cecilia, sai che anche io ho amato tanto il libro Cuore?!? Mi perdevo dentro le sue storie e ancora adesso quando cammino in centro a Torino mi vengono in mente tante immagini del libro. Beata la nostra infanzia di altri tempi!!

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