martedì 20 maggio 2014

Una trilogia irlandese, Edna O'Brien


Mi è successo di nuovo. Mi sono innamorata di un libro, Ragazze di campagna di Edna O'Brien, per rimanerne intrappolata e sentirne poi la sua mancanza in modo assurdo.
Il finale aperto, anzi apertissimo mi ha gettata nel panico, ma ho scoperto subito che aveva un seguito, anzi due.

Così, complice la visita al Salone del Libro, li ho scovati e divorati in due giorni. Dovevo sapere che destino avrebbero avuto le due protagoniste, Caithleen e Baba.
Un finale amaro (non preoccupatevi, questo post non contiene contenuti spoiler) e tante riflessioni sulla vita, sui rapporti uomini e donne, sui condizionamenti della società e della religione (il cattolicesimo più bigotto e opprimente dell'Irlanda anni Cinquanta).

I libri purtroppo hanno titoli da romanzetto Harmony: Ragazze di campagna, La ragazza dagli occhi verdi e Ragazze nella felicità coniugale, ma utilizzano una prosa di grande intensità, senza fronzoli, che mi ha coinvolta al 100%.
Ragazze di campagna, scritto nel 1960, è costato a Edna O'Brien l'ostracismo da parte della società irlandese, e addirittura copie del libro vennero bruciate sui sagrati delle chiese. Edna se ne andò a Londra e continuò a scrivere. Tié.

Con gli occhi di oggi il libro non ha assolutamente nulla di scandaloso; il punto più "controverso" potrebbe essere nel rapporto della giovana Caithleen con un uomo sposato che potrebbe essere suo padre, che nel momento di massima lussuria chiede a Cathleen di spogliarsi per ammirarla senza sfiorarla.
Il vero scandalo sono le idee di libertà e il desiderio di rottura dai rigidi schemi opprimenti del villaggio irlandese, della famiglia, del convento/collegio che descrivere ottuso e bigotto è fargli un complimento, del terrore per l'Inferno che opprime la coscienza di Caithleen ad ogni minima disobbedienza. La famiglia di Caithleen soppravvive nel terrore del padre alcolizzato che scompare per giorni interi; quando ricompare, pieno di alcool fino all'ultimo capello, picchia chiunque gli capita a tiro e si scopre che ha ipotecato la fattoria. Poi c'è la madre martire, che si approccia al talamo coniugale con il rosario in mano e spinge la figlia in convento perchè comunque vada sarà meglio del matrimonio.

Le due protagoniste, Cathleen e Baba, sono agli antipodi: Caithleen è una ragazza romantica, fragile, sognatrice, che viene da una famiglia disastrata e che si innamora sempre di uomini molto più vecchi, ricercando una figura paterna protettiva. Baba è una vera sagoma: esuberante, sfrontata, desiderosa di vita, controcorrente e a volte odiosa.

Amiche fin dall'infanzia, nel villaggio dove tutti alzano un po' troppo il gomito, e unite nell'incubo del collegio dalle suore, studieranno uno stratagemma per farsi espellere dal convento, creando scandalo, e si trasferiranno a Dublino per studiare e lavorare. Sempre in cerca di una festa da ballo in cui mettersi in tiro con gli scarsi mezzi disponibili, di un uomo che offra loro l'illusione di un sogno sotto forma di una cena o un drink, di vivere qualcosa di grande, ma sotto sotto in cerca del grande amore, del cambiamento, del riscatto da una vita di provincia che era una condanna all'ergastolo.

Impareranno con fatica e cocenti delusioni che la libertà dagli schemi a volte si paga a caro prezzo, e che essere donna in una società così chiusa è ancora più difficile. Impareranno che il loro istinto di dipendenza psicologica e materiale dagli uomini non porta la felicità, e che l'emancipazione è prima di tutto interiore.

Sicuramente è una scrittura di una donna che tocca le mie corde. 
In qualche modo mi sono immedesimata nella ricerca di libertà e indipendenza delle ragazze e nell'avversione per il bigottismo cattolico. Anche se la loro situazione è estrema rispetto al mio vissuto, anche io sono cresciuta in un paese di provincia borghese e perbenista che ho odiato con tutto il cuore, sognando ogni giorno di trasferirmi in città. Erano gli anni Ottanta e Novanta nel Nord Italia, ma poco importa se la sensazione che provi è di essere incompresa e impossibilitata a esprimerti.

Ricordo il modo stucchevole di vivere la religione di mia nonna e mia prozia con cui passavo le estati, sempre a raccontarmi delle apparizioni della Madonna e del pericolo dell'inferno, sempre a cercare di irretirmi per recitare rosari, vespri et similia. Sempre a mortificarsi, a condannare la gioia di vivere, le novità. Sono cose che ti rimangono dentro e ti causano un senso di rifiuto per tutta la vita.




8 commenti:

  1. ciao Manuela. Sono felicissima della tua recensione perchè ho acquistato il libro RAGAZZE DI CAMPAGNA (alla cieca) e devo ancora iniziarlo. Mi hai messo grande curiosità. Un abbraccio

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    1. ma dai, che coincidenza...ti piacerà! (spero). un bacione

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  2. Uh caspita, lo dovrò comprare allora. Anche se trilogia per me significa tanto tempo... vediamo come sono ispirata ;-) intanto grazie Manu per questa bella recensione che mi anticipa un po' le emozioni che susciterà la lettura :-). Un bacione

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    1. grazie! lo so, una trilogia è impegnativa, però il bello è che alla fine diventano tue"amiche" perchè le hai seguite per tutta la loro vita!

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  3. Bella recensione, brava Manu mi hai fatto venire voglia di leggere qualcosa di nuovo! Non conosco l'autrice, ma conosco la lettrice e mi fido dei suoi gusti ;) Un abbraccio!

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  4. ecco, ora so cosa cercare in biblioteca questo sabato!

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    1. Virgi, una delle protagoniste starebbe benissimo nel club delle arpie! ;-)

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